lunedì 11 febbraio 2008

Il dente avvelenato....

Il dente avvelenato, della dolcissima, bellissima e garbatissima deputata Giusy Savarino, cresce forse dalle sue debolezze o dai suoi comportamenti disdicevoli? La politica spesso diventa lotta fratricida, tutti contro tutti, l'importante è gettare fango e accuse gratuite,............ chi è senza peccato scagli la prima prietra!!!

venerdì 18 gennaio 2008

L’effetto emulazione del “Il Capo dei Capi”



Sul giornale di Sicilia è riportato il caso di un consigliere comunale di Niscemi, Francesco La Rosa, che denuncia il caso della fiction “Il Capo dei Capi” attribuendo allo stesso la causa dell’atteggiamento deviato dei giovani Niscemesi ( e io dico non solo) che ormai in paese hanno il mito dei boss. La Rosa afferma che “Non è una tv possibile, soprattutto in prima serata. Noi qui viviamo in un paese in cui il consiglio comunale è stato sciolto 2 volte per mafia, dove la nostra lotta per fare crescere una nuova cultura è quotidiana”. Succede quindi in Sicilia, così come già politici e osservatori si erano esercitati nell’arte di essere facili profeti, che si mandi in onda in prima serata una fiction,” Il capo dei capi”, che storicizza e romanza nell’attualità dei fatti di cronaca quell’immane sventura chiamata mafia. La mia opinione personale su questa vicenda è che il dovere di documentazione e storicizzazione dei fatti va fatto, ma la cronaca va utilizzata guardando anche agli aspetti sociologici che possono emergere. Questa fiction, invece, ha fatto nascere una polemica bipartisan; infatti oltre al consigliere la Rosa, una notizia Ansa riporta un intervento del deputato regionale del Partito Democratico Nino Di Guardo, il quale asserisce: “Il capo dei capi provoca un effetto emulazione ed è un grave danno per la Sicilia”. Invita il Presidente della Regione a chiedere a Mediaset “la sospensione della fiction valutando anche l’ipotesi di una richiesta di risarcimento danni per la Sicilia”. “La Regione continua a investire ingenti somme per pubblicizzare un’immagine positiva, ma la messa in onda del film – continua Di Guardo - ha azzerato tutto”. Egli si rivolge al Presidente della Regione, Salvatore Cuffaro, ma avrebbe potuto tranquillamente rivolgersi anche al Presidente dell’Assemblea regionale, On. Gianfranco Miccichè, il quale ha sempre fatto battaglie per tutelare l’immagine della Sicilia.
Claudio Fava, europarlamentare del partito democratico, nell’inusuale veste di co-firmatario della sceneggiatura, chiarisce: “Io faccio parlare i mafiosi col linguaggio dei mafiosi. La mafia è un fenomeno complesso ed è importante capire perché uno di 14 anni diventa prima macellaio e poi un capo dei capi. Vedere questa fiction è conoscere il nemico per combatterlo. Se per una volta vogliamo raccontare la storia dalla parte degli ingiusti, la raccontiamo con la loro normalità del male. Solo uno spettatore con il paraocchi può pensare che questa sia una storia diseducativa. La figura di Biagio Schirò, il poliziotto che combatte il male, è una figura collettiva e ci dice che le scelte le facciamo noi. Sono partiti insieme, lui e Riina, da Corleone, dalla stessa miseria. Schirò però si ribella schierandosi dalla parte dei giusti. Poi se ci sono esponenti politici o intellettuali che provano fastidio nel metodo del raccontare lo capisco. In Sicilia – dice Fava – giornalista figlio di giornalista ucciso dalla mafia, se gentaglia come Riina ha potuto fare crescere il suo potere e allungare la sua latitanza è stato grazie alla voglia di non vedere certe cose da parte dei politici e intellettuali”.
Nella fiction, la figura del buono è la faccia di Daniele Liotti, il Biagio Schirò che che vive per dare la caccia a Totò Riina. “Io rappresento la vita che quelli come Riina potevano scegliere e non hanno scelto. Sono il binario parallelo e nella fiction - dice Liotti – lo ripeto un paio di volte. In un posto di mafia non puoi scegliere di farti i fatti tuoi: o la combatti o sei complice. E la fiction vive di queste vite parallele. Alla fine chi ha scelto la libertà resta libero, chi ha scelto il male finisce male”.
Il regista Monteleone difende la fiction affermando che “se la politica avesse il coraggio di lottare contro quella azienda che si chiama Mafia e il cui fatturato sistemerebbe il bilancio dell’Italia forse faremmo passi avanti che la nostra storia comunque muove perché fa conoscere una verità”.
Anche Gianni Minoli, direttore di Rai Educational, va a favore della fiction: “ Io credo che il male non possa essere esorcizzato nascondendolo e dunque se c’è una storia da raccontare è giusto raccontarla per quello che è stata. Nella fiction, è vero, traspare il fascino perverso del male. Ma non è che se non lo racconti non esiste. E allora bisogna aspettare il finale. Per me Il capo dei capi è un prodotto fatto bene, è senz’altro una tv da prima serata. Poi è chiaro che dentro ci sono ancora elementi di una cultura che purtroppo è ancora nostra, di tutti gli ambienti, non solo di quello mafioso. A chi vede la tv bisogna offrire l’alternativa a questi disvalori e nella figura del poliziotto ci sono”.
La nostra Regione è divisa sulla considerazione del valore della fiction, contrario Di Guardo, come già abbiamo detto, opposte le dichiarazioni di altri politici. Questo afferma il senatore Carlo Vizzini: “Sono esterrefatto. Sarebbe una democrazia debole quella che dovesse censurare la storia di fatti realmente accaduti per tutelare la propria immagine. Bisogna avere coraggio di spiegare e educare i giovani a combattere il cancro mafioso.”. Giuseppe Siviglia, sindaco di S. Giuseppe Jato, arriva ad affermare “altro che effetto emulazione, nel mio paese finalmente c’è ripugnanza verso questi boss e i loro metodi” e addirittura dichiara che “la fiction andrebbe portata nelle scuole e spiegata ai bambini”.
Giuseppe Lumia, vice presidente della commissione nazionale Antimafia, continua “Dobbiamo avere il coraggio di descrivere e raccontare quello che è accaduto. Purtroppo ho visto solo stralci della fiction, ma quanto ho visto mi è sembrato di ottima qualità. La garanzia è comunque negli autori. Conosco talmente bene la storia della mafia e il pericolo della rappresentazione mitica che non possono avere sbagliato. Venerdì a Cl avremo un dibattito pubblico proprio su questa vicenda.”
Arriva invece Raffaele Lombardo, leader del movimento per l’Autonomia, in difesa di Di Guardo: “Rappresentare la Sicilia in maniera stereotipata come fa Il capo dei capi giova a tanti, e questa fiction che rafforza solo modelli precostituiti. A molti conviene che la Sicilia venga raccontata così, senza speranza e senza possibilità di cambiamento”. Per Lombardo la figura di Schirò non basta, come afferma invece Fava. Infatti, Schirò è solo a combattere i mafiosi, assieme a pochi addetti ai lavori, mentre la società siciliana sembra stia alla finestra a guardare. Ciò non solo è ingiusto, ma è anche offensivo per tutti quei siciliani onesti che giornalmente ed in silenzio combattono nel loro piccolo questa organizzazione criminale che ha reso celebre la nostra terra nel mondo, dando di essa una immagine distorta e per nulla veritiera. Mi permetto di asserire che, negli anni passati, se questa organizzazione criminale non è stata combattuta come era necessario, lo dobbiamo anche e soprattutto alla pavidità di molti uomini politici di entrambi gli schieramenti che non hanno potuto o voluto dotare le forze dell’ordine e la Magistratura di adeguati strumenti legislativi. C’è voluto il sacrificio di Giovanni Falcone e di Paolo Borsellino, oltre che una rivolta popolare di inimmaginabile forza, affinché il nostro Parlamento, con delle votazioni bi-partisan, votasse delle leggi idonee a combattere efficacemente la mafia.